PERUGIA (mercoledì 22 gennaio 2025) – Una donna si sottopone ad intervento chirurgico per curare l’alluce valgo ma contrae l’epatite C, fa causa per avere un risarcimento ma il Tribunale di Perugia lo nega.
di Giuseppe Patti
La donna si era presentata all’ospedale di Perugia per correggere l’alluce valgo, ma dopo l’intervento ha scoperto di aver contratto l’epatite C. Dunque fa causa all’ospedale di Perugia ma il Tribunale la nega, perché non si può provare che l’abbia contratta nella struttura ospedaliera.
La richiesta di risarcimento danni della donna era arrivata: “A seguito della contrazione del virus dell’epatite C in occasione del suo ricovero in day hospital … per sottoporsi ad intervento chirurgico di correzione dell’alluce valgo e del secondo dito a martello del piede sinistro. Prima del ricovero e presso la medesima clinica aveva eseguito gli esami di laboratorio di routine e che i valori di GOT e GPT erano normali. Ma, qualche tempo dopo l’intervento aveva iniziato ad accusare nausea, malessere, astenia e febbre ricorrente”.
Sottoponendosi ad esami più approfonditi: “Erano risultati molto incrementati i valori di GOT e GPT ed il fegato modicamente aumentato di volume con accentuazione dell’ecostruttura parenchimale per segni di steatosi; che dopo altri esami specifici era risultata positiva al virus HCV. Data la natura del virus epatite C e l’assenza di trasfusioni di sangue eseguite nel medesimo periodo, sussisteva un nesso causale tra l’intervento eseguito presso la clinica e il contagio”.
La sua richiesta di risarcimento è stata però respinta per i seguenti motivi: “In tema di responsabilità per attività sanitaria, l’accertamento del nesso causale è improntato al criterio giuridico del ‘più probabile che non’, il quale impone al giudice di dare prevalenza alla spiegazione causale che si presenta come più probabile, tenuto conto della comparazione tra le diverse spiegazioni alternative, attenendosi nella valutazione ad un concetto di probabilità non necessariamente statistico, ma altresì logico, tale per cui, nella comparazione tra due o più possibili spiegazioni di un evento, una di esse prevale sulle altre in ragione dei suoi riscontri probatori o della sua coerenza intrinseca o di altro criterio di giudizio valido a sorreggere la decisione”.
Nel caso specifico: “E’ onere del paziente, che agisca per il risarcimento, dimostrare l’esistenza del nesso causale tra l’evento di danno e la condotta dei sanitari, provando che quest’ultima è stata, secondo il criterio del ‘più probabile che non’, causa del danno, sicché, ove la stessa rimanga assolutamente incerta, la domanda deve essere rigettata”.
Last modified: Gennaio 22, 2025