PERUGIA (martedì 4 marzo 2025) — Un paziente era morto in seguito all’installazione nel suo corpo di una protesi risultata infetta, il medico è stato però assolto. I giudici della Corte d’Appello non hanno potuto dimostrare la condotta omissica.
di Giuseppe Patti
La Corte d’Appello di Perugia ha assolto un medico chirurgo precedentemente condannato in primo grado per la morte di un paziente a seguito di un’infezione. L’accusa sosteneva che il medico avesse omesso di rimuovere una protesi dall’addome del paziente dopo un intervento chirurgico, causando così l’infezione letale.
Tuttavia, i giudici d’appello hanno stabilito che non si può arrivare a una condanna oltre ogni ragionevole dubbio se non è dimostrato che l’omissione del medico sia stata l’unica causa sufficiente a determinare il decesso. Secondo la sentenza, “la rimozione della protesi ad opera dell’imputato doveva ritenersi necessaria”, ma non è stato provato che la sua asportazione avrebbe risolto il problema infettivo né che la contaminazione della protesi fosse l’unica causa dell’infezione.
La difesa del chirurgo ha evidenziato, attraverso perizie e consulenze tecniche, che la morte del paziente non era riconducibile esclusivamente alla sua condotta. A incidere sul decesso sarebbero state diverse concause, tra cui una precedente perforazione intestinale avvenuta durante un altro intervento, che aveva già compromesso gravemente lo stato di salute della vittima e favorito la diffusione dell’infezione.
Di conseguenza, applicando un ragionamento controfattuale, la Corte ha concluso che non vi fosse certezza che un comportamento diverso del medico avrebbe modificato il decorso degli eventi ed evitato il decesso del paziente, portando così alla sua assoluzione.
Last modified: Marzo 4, 2025